Nel corso della storia, senza la paura la specie umana probabilmente si sarebbe estinta, sopraffatta dal pericolo. L’uomo delle caverne è sopravvissuto ai vari pericoli, sia per la maggiore intelligenza rispetto agli animali che lo circondavano, sia perché la paura ha guidato in maniera strategica i suoi comportamenti, suggerendogli di volta in volta la tattica migliore.
Oggi, per nostra fortuna, non siamo più circondati da bestie feroci e attraverso la nostra intelligenza abbiamo costruito situazioni che, realmente o apparentemente, ci proteggono e rassicurano. Le nostre case, la creazioni di ospedali, l’utilizzo delle medicine, l’eliminazione degli ambienti ritenuti pericolosi sono alcuni esempi di come, nel corso del tempo, abbiamo lavorato per la nostra salvaguardia e per ridurre le nostre ansie e paure.
Ma tutte queste consistenti trasformazioni nella nostra quotidianità hanno davvero eliminato i pericoli e di conseguenza diminuito i nostri livelli di stress?
Paradossalmente no!
In un’emergenza come quella che stiamo vivendo a seguito della pandemia da COVID-19, l’incertezza di una situazione in continua evoluzione, la paura del contagio e la necessità di proseguire una condizione di isolamento sociale hanno comportato inevitabili ELEVATI LIVELLI DI STRESS.
Vi è capitato nell’ultimo anno di percepire sensazioni di rassegnazione, perdita di controllo, senso di apatia, per cui non sapevate più cosa vi mancava, perché non riuscivate più a sentire nulla?
Lo stress può essere definito come la somma delle reazioni messe in atto dall’organismo di fronte a qualunque stimolo negativo, fisico, mentale o emozionale che tenda a perturbarne l’equilibrio. Quando tale risposta è inadeguata si può giungere alla malattia. In realtà lo stress è necessario alla vita e ha un significato positivo quando rimane sotto controllo: si tratta del cosiddetto eustress (dal greco, “stress positivo”). Questo tipo di stress riguarda fenomeni di breve durata, in grado di rilasciare la giusta dose di adrenalina che ci permette di sentirci particolarmente forti ed in grado di affrontare le sfide. Tuttavia, quando si supera le possibilità di adattamento dell’organismo, lo stress provoca conseguenze negative con manifestazioni organiche e croniche: è il cosiddetto distress (dal greco, “stress negativo”).
Secondo recenti ricerche, i livelli di stress delle persone di oggi, confrontati con quelli di vent’anni fa, sono aumentati notevolmente. Con l’era digitale abbiamo introdotto fonti di stress nuove nella nostra vita: il cosiddetto stress dell’Information processing e lo Stress della velocità con cui fa viaggiare le cose. Questi due fenomeni hanno contribuito a rendere sempre più sfumata la distinzione fra la vita lavorativa e quella domestica, fra la settimana lavorativa e il weekend, fra il giorno lavorativo e la notte. Se da un lato troviamo adolescenti sempre connessi, che trascorrono ore e ore giocando senza limiti di tempo, dall’altro lato troviamo adulti che leggono e inviano e- mail in qualsiasi momento della giornata e che privilegiano le chat come valido scambio di interazione con l’esterno. Il risultato è che il bene più prezioso che abbiamo, IL TEMPO, è dedicato al solo fare e non più all’essere finendo per diventare sempre più isolati, non solo rispetto agli altri ma anche rispetto a noi stessi (J. Kabat‐Zinn, 1989).
Questo modo di affrontare le situazioni ci sta portando a reagire in maniera inconsapevole agli stimoli e agli eventi, come se fossimo guidati da un “Pilota automatico”. Il “Pilota automatico” è uno stato cognitivo in cui si agisce senza essere consapevoli di quello che si sta facendo.
Facciamo qualche esempio: “Vi è capitato di non ricordare che strada avevate percorso per andare al lavoro? Vi è successo di tornare a casa e di chiedervi: Ho chiuso la macchina?”
Con il “Pilota automatico” inserito è più probabile “incastrarci” in situazioni che ci fanno reagire senza prima pensare. Gli eventi che ci circondano, i pensieri, le emozioni e le sensazioni (di cui siamo solo in parte consapevoli) possono scatenare le vecchie abitudini di pensiero con un conseguente peggioramento dell’ umore. Il “Pilota automatico” costa poco sforzo, però non permette di rispondere in maniera adeguata alle situazioni( per questo definito “automatico”).
Come liberarci del nostro “Pilota automatico” per essere più presenti nella nostra vita?
Attraverso la Mindfulness.
La Mindfulness è una tecnica che ci aiuta a portare deliberatamente la nostra attenzione a quello che stiamo facendo mentre lo stiamo facendo. Questa competenza arricchisce la nostra esperienza permettendoci di vivere una vita piena, affrontando ciò che accade nel momento presente e trovando le giuste strategie per far fronte alle difficoltà del momento. Diventare più consapevoli dei nostri pensieri, emozioni e sensazioni fisiche, evitando di scivolare nelle solite vecchie “abitudini mentali” che possono averci causato problemi nel passato.
Le tecniche di Mindfulness sono guidate da una corretta respirazione che privilegia la fase espiratoria. Goethe sosteneva che: “Nel respirare ci sono due doni, il tirar dentro l’aria e il liberarsene. Il primo opprime, il secondo libera: tanto spudoratamente varia è la vita”.
Proviamo a fare un piccolo esercizio. Chiudete gli occhi e per qualche istante provate ad ascoltare il vostro respiro. Successivamente rispondete alle seguenti domande:
“Dov’ è la vostra mente in questo momento? Si è agganciata ad un pensiero/ rimuginio o ad un’anticipazione futura? Che storia vi sta raccontando? Che tono sta utilizzando?”
Con un po’ di allenamento impareremo a sviluppare la capacità di osservazione e distanziamento dai nostri stati mentali, sensoriali ed emotivi, aumentando così la nostra consapevolezza e la nostra capacità di gestione delle emozioni, senza lasciarci trascinare dal vagabondaggio mentale.
Francesca Tripari, Psicologa