“LA PARTITA A SCACCHI COME METAFORA DELLA VITA”

DA DOVE VENIAMO?

CHI SIAMO?

DOVE ANDIAMO?

Da sempre nel corso dei secoli l’uomo è alla continua ricerca di se stesso e si è sempre posto tre grandi quesiti che non hanno mai avuto una vera risposta.

Queste domande sono l’espressione di un bisogno innato dell’essere umano di trovare un senso, un significato alla propria esistenza. Come possiamo infatti pensare di poter dare una direzione alla nostra vita, decidere come vorremmo impiegarla, se non sappiamo cos’è, se non ne capiamo il senso profondo?

Siamo tutti accomunati dal desiderio-bisogno di trovare un significato alla nostra vita. Siamo pieni di sogni, ansie, paure, in un mondo caotico, dove tutto scorre molto velocemente e l’unico modo che abbiamo per dare un vero significato alla nostra esistenza è fare ciò che davvero ci piace. 

Vi siete mai chiesti: “Cosa c’è veramente dietro ai miei bisogni? Quali sono le mie motivazioni e i miei sogni?”

L’equilibrio tra lavoro e vita è fondamentale, eppure non tutti si possono permettere il lusso di fare ciò che amano. A volte le responsabilità familiari o quelle lavorative limitano la possibilità di dedicarsi ad attività che ci fanno stare bene, e ciò ci induce a sacrificare le nostre passioni.

C’è poi chi ha il coraggio e la fortuna di trasformare una passione in un lavoro e c’è chi preferisce garantirsi una stabilità economica, rinunciando alle proprie aspirazioni.

Trovare un senso alla propria esistenza è inoltre un importante fattore di protezione nel campo dei disturbi psicologici. Molti artisti hanno  compensato i propri squilibri e le proprie fragilità psichiche con una straordinaria realizzazione personale, che ha dato un senso alla loro esistenza consentendogli di non sprofondare nella follia.

Si tratta di scegliere cosa è buono per noi.

Qualunque sia la vostra SCELTA, occorre comunque dare un senso, un significato, un valore alla VOSTRA vita.

Avete mai visto il film di Bermann Ingmar “Settimo sigillo”?

Il film si apre con un’immagine che è rimasta nella storia del cinema: una partita a scacchi tra il cavaliere che torna dalle crociate e la morte.

Il cavaliere sfiduciato incontra la morte e la morte gli preannuncia che “è arrivata la sua ora”. Ma lui è un bravo giocatore e vuole mettere in difficoltà la morte con una partita a scacchi.

Così la morte accetta la sfida e gli concede ancora del TEMPO, con uno scopo: trovare un SENSO, trovare una ragione per cui la  vita debba essere vissuta.

Se volessimo allargare la metafora della partita a scacchi nella nostra vita, ecco che quello che noi possiamo avere rispetto alla morte, non è la vittoria (non vinceremo mai di fronte alla morte!) ma possiamo avere, rispetto alla morte, del tempo nel quale giocare la nostra partita.

In questo tempo è importante dunque trovare un senso alla nostra esistenza: dare significato alla propria vita, giocare la partita fino in fondo, fino all’ultimo minuto.

VOI STATE GIOCANDO BENE LA VOSTRA PARTITA?

Francesca Tripari, Psicologa

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Mindful Eating: Ri-connettersi con il proprio corpo

Il nostro comportamento alimentare è influenzato dalle emozioni che quotidianamente proviamo: lo stress, la tristezza, l’ansia possono aumentare l’appetito e portare a ricercare maggiormente cibi ricchi di grassi e dolci, stimolando la cosiddetta “Fame nervosa“.

La Fame nervosa, chiamata anche “Emotional Eating” è un disturbo caratterizzato da frequenti e intense abbuffate, con conseguente incapacità di distinguere la fame da altri stati interni.

Secondo una recente ricerca il 50-60% della popolazione manifesta un comportamento alimentare disfunzionale e utilizza il cibo per “mettere a tacere” le proprie emozioni.

Chi soffre di fame nervosa soffre di dis-regolazione emotiva: non riconosce le emozioni, le confonde con la fame e, di conseguenza, mangia in maniera smodata, non tollerando le emozioni negative e sviluppando credenze molto rigide (i cosiddetti pensieri “Tutto o nulla”), accompagnati da ruminazione o soppressione del pensiero (“Non devo pensare al cioccolato”). Di conseguenza, si osserva un tipico circolo vizioso caratterizzato da restrizione cognitiva e comportamentale rispetto al cibo con conseguente sovra-alimentazione e nuova restrizione (il cosiddetto “Effetto paradosso della restrizione alimentare”).

Esiste un modo efficace per rivoluzionare il proprio rapporto col cibo: la Mindful Eating, attraverso il protocollo MB-EAT.

Il protocollo MB-EAT( Mindfulness Based Eating Awareness Training, “Training di  consapevolezza alimentare basato sulla Mindfulness”) si è dimostrato essere in grado di modificare questo funzionamento neurofisiologico attraverso la neurogenesi, ripristinando e rinforzando, anche a lungo termine, la capacità di osservare, riconoscere e gestire le proprie emozioni, senza ricorrere al cibo, destrutturando comportamenti disfunzionali, come le pulsioni alimentari, al fine di costruire con esso un rapporto funzionale.

Obiettivi:

  • Vivere con serenità il momento del pasto
  • Recuperare l’uso dei 5 sensi per assaporare il cibo e riconoscere gli alimenti di cui il nostro corpo ha bisogno
  • Riconoscere i propri comportamenti automatici in relazione al cibo
  • Distinguere le emozioni dagli stimoli di fame e sazietà
  • Diventare consapevoli delle emozioni e dei pensieri che anticipano e accompagnano il pasto.

 

Durante il programma, attraverso esercizi di alimentazione consapevole, semplici pratiche meditative, esercizi di movimento gentile e la condivisione di informazioni utili, creeremo insieme un percorso che vi aiuterà ad imparare un modo sano per prendervi cura di voi stessi.

Benefici: imparerete a coltivare la presenza mentale a tavola.

Destinatari: tutti coloro che hanno intenzione di dedicarsi del tempo.

Organizzazione del corso:

Durata:

Pacchetto Basic= 4 incontri a cadenza settimanale

Pacchetto Intensive= 3 incontri a cadenza settimanale.

Dove? 

Presso il Centro Emmea, in Via Carlo Pisacane, 6 a San Vittore Olona.

Quando: le date sono da definirsi con il paziente.

 

PER INFO E PRENOTAZIONI CHIAMA IL NUMERO: 349 5328087 

SCARICA IL VOLANTINO, CLICCA QUI:https://www.centroemmea.it/wp-content/uploads/2021/04/VOLANTINO-MINDFUL-EATING.png

 

 

Francesca Tripari, Psicologa

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“SE LO STRESS E LA PAURA FOSSERO NOSTRI AMICI?”

Nel corso della storia, senza la paura la specie umana probabilmente si sarebbe estinta, sopraffatta dal pericolo. L’uomo delle caverne è sopravvissuto ai vari pericoli, sia per la maggiore intelligenza rispetto agli animali che lo circondavano, sia perché la paura ha guidato in maniera strategica i suoi comportamenti, suggerendogli di volta in volta la tattica migliore.

Oggi, per nostra fortuna, non siamo più circondati da bestie feroci e attraverso la nostra intelligenza abbiamo costruito situazioni che, realmente o apparentemente, ci proteggono e rassicurano. Le nostre case, la creazioni di ospedali, l’utilizzo delle medicine, l’eliminazione degli ambienti ritenuti pericolosi sono alcuni esempi di come, nel corso del tempo, abbiamo lavorato per la nostra salvaguardia e per ridurre le nostre ansie e paure.

Ma tutte queste consistenti trasformazioni nella nostra quotidianità hanno davvero eliminato i pericoli e di conseguenza diminuito i nostri livelli di stress?

Paradossalmente no!

In un’emergenza come quella che stiamo vivendo a seguito della pandemia da COVID-19, l’incertezza di una situazione in continua evoluzione, la paura del contagio e la necessità di proseguire una condizione di isolamento sociale hanno comportato inevitabili ELEVATI LIVELLI DI STRESS.

Vi è capitato nell’ultimo anno di percepire sensazioni di rassegnazione, perdita di controllo, senso di apatia, per cui non sapevate più cosa vi mancava, perché non riuscivate più a sentire nulla?

Lo stress può essere definito come la somma delle reazioni messe in atto dall’organismo di fronte a qualunque stimolo negativo, fisico, mentale o emozionale che tenda a perturbarne l’equilibrio. Quando tale risposta è inadeguata si può giungere alla malattia. In realtà lo stress è necessario alla vita e ha un significato positivo quando rimane sotto controllo: si tratta del cosiddetto eustress (dal greco, “stress positivo”). Questo tipo di stress riguarda fenomeni di breve durata, in grado di rilasciare la giusta dose di adrenalina che ci permette di sentirci particolarmente forti ed in grado di affrontare le sfide. Tuttavia, quando si supera le possibilità di adattamento dell’organismo, lo stress provoca conseguenze negative con manifestazioni organiche e croniche: è il cosiddetto distress (dal greco, “stress negativo”).

Secondo recenti ricerche, i livelli di stress delle persone di oggi, confrontati con quelli di vent’anni fa, sono aumentati notevolmente. Con l’era digitale abbiamo introdotto fonti di stress nuove nella nostra vita: il cosiddetto stress dell’Information processing e lo Stress della velocità con cui fa viaggiare le cose.  Questi due fenomeni hanno contribuito a rendere sempre più sfumata la distinzione fra la vita lavorativa e quella domestica, fra la settimana lavorativa e il weekend, fra il giorno lavorativo e la notte. Se da un lato troviamo adolescenti sempre connessi, che trascorrono ore e ore giocando senza limiti di tempo, dall’altro lato troviamo adulti che leggono e inviano e- mail in qualsiasi momento della giornata e che privilegiano le chat come valido scambio di interazione con l’esterno. Il risultato è che il bene più prezioso che abbiamo, IL TEMPO, è dedicato al solo fare e non più all’essere finendo per diventare sempre più isolati, non solo rispetto agli altri ma anche rispetto a noi stessi (J. Kabat‐Zinn, 1989).

Questo modo di affrontare le situazioni ci sta portando a reagire in maniera inconsapevole agli stimoli e agli eventi, come se fossimo guidati da un “Pilota automatico”. Il “Pilota automatico” è uno stato cognitivo in cui si agisce senza essere consapevoli di quello che si sta facendo.

Facciamo qualche esempio: “Vi è capitato di non ricordare che strada avevate percorso per andare al lavoro? Vi è successo di tornare a casa e di chiedervi: Ho chiuso la macchina?”

Con il “Pilota automatico” inserito è più probabile “incastrarci” in situazioni che ci fanno reagire senza prima pensare. Gli eventi che ci circondano, i pensieri, le emozioni e le sensazioni (di cui siamo solo in parte consapevoli) possono scatenare le vecchie abitudini di pensiero con un conseguente peggioramento dell’ umore. Il “Pilota automatico” costa poco sforzo, però non permette di rispondere in maniera adeguata alle situazioni( per questo definito “automatico”).

Come liberarci del nostro “Pilota automatico” per essere più presenti nella nostra vita?

Attraverso la Mindfulness.

La Mindfulness è una tecnica che ci aiuta a portare deliberatamente la nostra attenzione a quello che stiamo facendo mentre lo stiamo facendo. Questa competenza arricchisce la nostra esperienza permettendoci di vivere una vita piena, affrontando ciò che accade nel momento presente e trovando le giuste strategie per far fronte alle difficoltà del momento. Diventare più consapevoli dei nostri pensieri, emozioni e sensazioni fisiche, evitando di scivolare nelle solite vecchie “abitudini mentali” che possono averci causato problemi nel passato.

Le tecniche di Mindfulness sono guidate da una corretta respirazione che privilegia la fase espiratoria. Goethe sosteneva che: “Nel respirare ci sono due doni, il tirar dentro l’aria e il liberarsene. Il primo opprime, il secondo libera: tanto spudoratamente varia è la vita”.

Proviamo a fare un piccolo esercizio. Chiudete gli occhi e per qualche istante provate ad ascoltare il vostro respiro. Successivamente rispondete alle seguenti domande:

“Dov’ è la vostra mente in questo momento? Si è agganciata ad un pensiero/ rimuginio o ad un’anticipazione futura? Che storia vi sta raccontando? Che tono sta utilizzando?”

Con un po’ di allenamento impareremo a sviluppare la capacità di osservazione e distanziamento dai nostri stati mentali, sensoriali ed emotivi, aumentando così la nostra consapevolezza e la nostra capacità di gestione delle emozioni, senza lasciarci trascinare dal vagabondaggio mentale.

 

Francesca Tripari, Psicologa

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KETO MOUSSE AL CIOCCOLATO: UN DOLCE AL CUCCHIAIO

INGREDIENTI:

75 gr. di cioccolato fondente 100%

40 gr. eritritolo (meglio se a velo, potete polverizzato usando un macinacaffè)

12 gr. burro

2 uova bio

PER MAGGIORI INFORMAZIONI SUI VALORI NUTRIZIONALI DEL CIOCCOLATO FONDENTE 100%, CLICCA QUI: https://www.centroemmea.it/wp-content/uploads/2021/03/CIOCCOLATO-FONDENTE-VALORI-NUTRIZIONALI.jpg

PREPARAZIONE

keto-mousse-al-cioccolato-un-dolce-al-cucchiaio

Sciogliere il cioccolato insieme al burro. Aggiungere l’eritritolo e mescolare bene.

Unire un uovo alla volta con l’aiuto di uno sbattitore elettrico alla massima velocità. Non unire il secondo uovo finché il primo non è stato incorporato perfettamente.

Continuare a montare il composto finché non diventa chiaro.

Lasciare rassodare la mousse in frigorifero per almeno 2 ore prima di utilizzarla.

Questa mousse può essere usata anche come dolce al cucchiaio.

In freezer diventa gelato.

KETO MOUSSE AL CIOCCOLATO E’ UN DESSERT GUSTOSO, SEMPLICE E VELOCE DA PREPARARE. LA CREMOSITÀ DELL’ ERITRITOLO E LA GOLOSITÀ DEL CIOCCOLATO, IN UN PAIO DI MINUTI, DARANNO VITA  AD UN DOLCE AL CUCCHIAIO PERFETTO PER TUTTE LE STAGIONI. 

DAL SAPORE INTENSO E AVVOLGENTE, KETO MOUSSE AL CIOCCOLATO E’ UN LEGGERO PECCATO DI GOLA SIA PER DELIZIARE GLI OSPITI, SIA PER “COCCOLARE” IL VOSTRO PALATO!

L’ ERITRITOLO IN POLVERE È UN SOSTITUTO DELLO ZUCCHERO A VELO;  HA ZERO CALORIE ED E’ USATO PER ADDOLCIRE QUALSIASI DESSERT! È UNA POLVERE MOLTO FINE CHE SI DISSOLVE MOLTO RAPIDAMENTE. IDEALE PER LE RICETTE IN CUI È NECESSARIO UNO ZUCCHERO A DISSOLUZIONE RAPIDA.

 

Valori medi per 100 gr.

KCAL PRO FAT CARBO
 

279.7

 

9.4

 

26.1

 

1.8

 

Valori medi per porzione singola (20 gr.)

 

KCAL PRO FAT CARBO
 

55.94

 

1.88

 

5.22

 

0.36

 

 

 

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IL CRITICO INTERIORE: UN PICCOLO SABOTATORE DENTRO DI NOI

Ti è mai capitato di aver conosciuto una persona splendida, gentile, affascinante, con cui avresti voluto iniziare una bellissima relazione e di aver sentito una vocina dentro di te che però diceva: “Davvero pensavi di interessargli? Non sei all’altezza di un uomo di quel livello! Di sicuro guadagnerà almeno il doppio di te! Non ti illudere!”

Sappiate che quella vocina è il vostro CRITICO INTERIORE!

Il “Critico interiore”, chiamato anche “Inner critic”, consiste in una serie di pensieri con i quali ci giudichiamo negativamente e continuamente. E’ parte della nostra psiche e seppur potremmo pensare che sia uno strumento utile per evitare problemi in futuro, la verità è che si comporta sempre come un elemento di “auto-sabotaggio” che ci impedisce di andare avanti nella vita.

Come si muove il critico interiore dentro di noi?

Il nostro critico:

  • ama insultarci;
  • memorizza ogni nostro errore ( ha una buona memoria a lungo termine);
  • è infelice della nostra vita;
  • ci confronta con le altre persone;
  • ci sveglia di notte per ricordarci gli sbagli e le brutte figure che abbiamo fatto;
  • ci crea sensi di colpa;
  • non è in grado di individuare errori, ma li sa commentare!

Vi siete rivisti in queste affermazioni?

Dovete sapere che alcuni critici interiori sono ironici, miti e solo di tanto in tanto si fanno sentire. Altri, invece, sono severi, critici e denigratori. In alcune persone il critico interiore è fortemente radicato, in altre meno.

Come riconoscerlo?

Prestando attenzione ai nostri pensieri: quando ci insultiamo da soli, ci diamo dell’ incompetente, sappiate che è il nostro “CRITICO” CHE CI STA PARLANDO!

Il “critico” si fa sentire soprattutto nell’ ambito delle relazioni: questo avviene perché le ferite più profonde, nella maggior parte dei casi, vengono lasciate dall’ interazione con altre persone.

Se ad esempio, per vostra madre siete sempre stati dei figli svogliati e fannulloni perché non l’ avete mai aiutata nelle faccende domestiche,  quando incontrerete una persona che vi piace e che ha successo nel lavoro, il vostro critico interiore potrebbe convincervi del fatto che non lo conquisterete mai, perché “siete sempre stati svogliati e fannulloni”.

Attenzione! Un forte critico interiore può deprimervi e scoraggiarvi in ogni momento, tormentandovi di continuo!

Ma quando nasce il nostro critico interiore?

Il critico interiore nasce negli anni dell’ infanzia. Crescendo i bambini imparano a controllarsi, interiorizzando i messaggi che vengono a loro rivolti dagli adulti di riferimento. Messaggi come: “Che guaio che sei!”, “Smettila, non sei capace!”. Tali commenti si “fissano” nella mente del bambino e danno forma, nel corso degli anni, al critico interiore. Nessuna meraviglia, dunque, che il critico interiore ci insulti quasi con le stesse parole che i nostri genitori utilizzavano quando eravamo piccoli!

A mano mano che cresciamo, al nostro critico interiore non interessa più che sediamo composti a tavola o mangiamo sempre tutto ciò che c’ è nel piatto. NO! Oggi il nostro critico interiore ci critica perché siamo svogliati; siamo troppo ambiziosi; non abbiamo un partner o abbiamo quello sbagliato. Agli occhi del critico, noi siamo imperfetti e lui è pronto a ricordarcelo in ogni  momento!

Come “addomesticare” il critico?

Prendendovi più cura di voi. Nei periodi in cui il critico si fa sentire, avete bisogno di stare al vostro fianco. Proprio come avere al tuo fianco un amico di cui ti fidi e al quale chiedi volentieri un consiglio, perché sai che è capace di farti riflettere senza ferirti. Il vantaggio di stare al nostro fianco è che saremmo meno reattivi alle critiche altrui e impareremmo a non mettere in moto modalità che rovinano le relazioni.

Nei momenti in cui ci sentiamo stanchi e spossati, il “critico” inizia ad attaccare. Ecco perché è importante “coccolare” i nostri momenti più faticosi!

E’ un vostro compito scoprire di cosa avete bisogno, dedicando tempo e cura alle vostre esigenze!

Mi raccomando! Le chiacchiere del vostro critico interiore non sono altro che PENSIERI. Voi non siete obbligati a credere a tutto quello che vi passa per la testa! Prendete le distanze dalle storie che vi raccontate e non lasciatevi coinvolgere! Quando inizierete a non prestare più attenzione alle chiacchiere del vostro “critico”, potreste scoprire che gran parte della vostra crescita personale e professionale matura superando le vostre paure più profonde.

 

Francesca Tripari, Psicologa

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FAME NERVOSA: DI CHE COSA SIAMO REALMENTE AFFAMATI?

“Hai mai mangiato perché ti senti triste, annoiato o arrabbiato?”

Il nostro comportamento alimentare può essere influenzato dalle emozioni che quotidianamente proviamo: lo stress, la tristezza, l’ansia, possono aumentare l’appetito e portare a ricercare maggiormente cibi ricchi di grassi e dolci, stimolando la cosiddetta “Fame nervosa“.

La Fame nervosa, detta anche Emotional Eating, è un disturbo dell’ alimentazione incontrollata caratterizzato da frequenti e intense abbuffate. E’ molto simile alla Bulimia, ma, la differenza è che nella Fame nervosa non vengono messi in atto tutti quei comportamenti compensatori (vomito, utilizzo dei lassativi, esercizio fisico), tipici, invece, della Bulimia.

COME RICONOSCERE SE È FAME FISIOLOGICA (DI PANCIA) O FAME NERVOSA (DI GOLA)?

La FAME FISIOLOGICA è:

  • Graduale
  • Fa “brontolare lo stomaco” (il cosiddetto “Buco allo stomaco”)
  • Si ha attesa nel cucinarsi
  • Si indirizza anche verso i cibi sani
  • Fa mangiare con calma
  • La persona riconosce i segnali di fame e di sazietà.

Invece, la FAME NERVOSA è:

  • Improvvisa
  • Provoca un leggero ”solletico alla gola”
  • Si indirizza verso alimenti sostanziosi (grassi o dolci)
  • Fa mangiare in modo automatico e veloce
  • La persona mangia oltre il segnale di sazietà.

PERCHE’ SI SOFFRE DI FAME NERVOSA?

Chi soffre di fame nervosa, spesso, utilizza il cibo per “mettere a tacere le proprie emozioni”. C’ è infatti un grosso bisogno di non sentire bisogni, di non sentire grosse emozioni.  Ecco che il cibo diventa un silenziatore del nostro “sentire”, di ciò che proviamo. La dinamica che si instaura è: “Rabbia/ tristezza: ti mangio!”.

Attenzione, questo non significa che le persone che soffrono di Fame nervosa sono apatiche! Anzi, sono individui che sentono le emozioni in modo molto forte e chiaro: sanno essere tristi, allegri, arrabbiati, però hanno imparato che, nella vita, avere emozioni è molto pericoloso, perché gli altri non sempre saranno disponibili a soddisfarle o, comunque, rischierebbero di rimanere troppo in attesa. L’ attesa, per chi soffre di Fame nervosa, è molto frustrante. “Non si può rimanere passivi ad aspettare che l’ altro soddisfi i propri bisogni, ma bisogna fare/attivarsi= abbuffata.

SMANIA DI CIBO: PRATICA L’ URGE SURFING

Se chi confligge col cibo lo fa per gestire le emozioni negative, capirete bene che, più frequentemente queste persone proveranno emozioni faticose, e più alta sarà la probabilità di farsi un’abbuffata, col tentativo invano di gestire quelle emozioni. Ma non funziona! Questo perché ciò che scatena la nostra reattività di fronte al cibo (abbuffata) è il fatto che ci identifichiamo con le nostre emozioni, e non le percepiamo, invece, come parte dell’esperienza.

Provare un’ emozione non corrisponde ad agirla! 

Alan Marlatt, psicologo con una lunga esperienza in meditazione, ha introdotto una tecnica psicologica chiamata “Urge Surfing” (Cavalcare l’onda). Questa tecnica risulta efficiente in quanto non tenta di controllare l’emozione, ma invita a rispondere alla smania di cibo con un atteggiamento vigile, aperto e curioso, di semplice osservazione. Se lasciamo, infatti, che la smania di cibo segua il proprio corso, possiamo osservare che, come ogni tipo di urgenza, ha un inizio, un picco di intensità e un momento di calo (simile ad un’onda).

Chi ha imparato con successo a “Cavalcare l’onda” della smania di cibo, ha osservato che essa sale e scende, senza causare danni. Ecco che, sentire un’ “urgenza”, può diventare un’ottima  occasione per… SCOPRIRE DI CHE COSA SIAMO REALMENTE AFFAMATI!

Facciamo un esperimento. La prossima volta che avrete un episodio di Fame nervosa, sedetevi e osservatelo in tutta la sua evoluzione, mentre cresce, raggiunge il picco e poi cala. Scrivete, successivamente, quello che avete notato con questo breve ma intenso esercizio.

Scoprirete che, con un po’ di allenamento, è possibile rintracciare un filo conduttore tra i diversi attacchi di fame nervosa.

Francesca Tripari, Psicologa

 

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KETO FOCACCINE ALLE OLIVE

INGREDIENTI PER 8 PERSONE

100gr. Farina di mandorle
100gr. Mozzarella senza lattosio zero carboidrati
60gr. Fiocchi di latte o formaggio spalmabile zero carboidrati
40gr. Olive verdi
2 uova bio
Un pizzico di bicarbonato

PREPARAZIONE

 

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In una padella antiaderente ammorbidite bene la mozzarella e i fiocchi di latte (o formaggio spalmabile).

Miscelate in una terrina la farina di mandorle e il bicarbonato, aggiungete le uova e le olive tagliate a rondelle. A quest’ultimo composto unite i formaggi sciolti (eliminando eventuale liquido in eccesso).

Lavorate velocemente il composto con le mani e porzionate 8 palline appiattendole leggermente. Disponete le focaccine su teglia ricoperta con carta forno e cuocete in forno preriscaldato a 180°per circa 20 minuti. Buon appetito!

Ricetta realizzata da Costantino Francesca.

LE KETO FOCACCINE ALLE OLIVE SONO A BASSO CONTENUTO DI CARBOIDRATI GRAZIE AL PREPARATO PER PANE FIT NU3: NON CONTENGONO GLUTINE E SONO RICCHE DI PROTEINE E FIBRE. IL PREPARATO PER PANE FIT, CONTENUTO NELLE KETO FOCACCINE ALLE OLIVE, È A BASE DI FARINA DI MANDORLE, BUCCE DI PSILLIO E SEMI DI LINO, ZUCCA, CHIA E GIRASOLE. NON CONTIENE LIEVITO!  

E’ CONSIGLIABILE UTILIZZARE LA FARINA DI MANDORLE, PERCHE’, A DIFFERENZIA DALLE FARINE TRADIZIONALI, NON È A BASE DI GRANO O DI ALTRI CEREALI. VIENE OTTENUTA SEMPLICEMENTE DALLA MACINAZIONE DELLE MANDORLE E NE CONSERVA LE PROPRIETÀ E LE CARATTERISTICHE NUTRIZIONALI. 

Per porzione singola:

 

KCAL PRO FAT CARBO
143 7 12.5 0.7
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DIETA, QUARANTENA E SMART WORKING: DOBBIAMO MANGIARE DI MENO?

Cosa mangiare in questo periodo di quarantena dove siamo obbligati a rimanere in casa e non possiamo praticare attività sportiva? Stando fermi ingrassiamo? Occorre mangiare meno? Assolutamente no, anzi mangiando meno si rischia di peggiorare la situazione. Ora andremo a vedere il perché, ma prima occorrerà fare una piccola premessa cioè dovremo definire cosa sono il fabbisogno e il bilancio energetico

BILANCIO E FABBISOGNO ENERGETICO

Il BILANCIO ENERGETICO è il rapporto tra le calorie assunte con i cibi (in ingresso) e le calorie spese (dispendio energetico). E andrebbe regolato in base al nostro FABBISOGNO ENERGETICO, ossia quante calorie necessitiamo giornalmente per vivere e svolgere le nostre attività.

È evidente, quindi, che:

  • se le calorie assunte con l’alimentazione fossero maggiori delle calorie consumate, superando il nostro fabbisogno, a lungo andare ingrasseremo, accumulando l’eccesso.
  • Se le calorie assunte, invece, fossero minori di quelle spese, e quindi inferiori al nostro fabbisogno, dimagriremo (ma attenzione, a lungo andare, dopo avere esaurito le riserve, tra cui i grassi principalmente, l’energia mancante verrà presa da altri tessuti, come i muscoli, e si innescheranno meccanismi per abbassare il nostro metabolismo).

Detto questo, molti potranno pensare che in quarantena, muovendoci meno o non allenandoci, a parità di calorie introdotte con l’alimentazione, ingrasseremo. In realtà l’attività sportiva e il dispendio energetico che comporta, non sono la determinante principale del nostro fabbisogno, o per lo meno, una sospensione temporanea, incide ben poco.

In generale, i tre fattori che incidono sul nostro fabbisogno energetico giornaliero sono:

  • il metabolismo basale, ossia quanto consumiamo in condizioni di riposo, in uno stato termico neutrale, a digiuno da 12 ore, per i soli processi interni del nostro organismo. Il metabolismo basale incide per ben il 60-70% del nostro fabbisogno. E questo varia ben poco in quarantena!
  • La termogenesi indotta dagli alimenti, ossia la quantità di energia e di calorie che bruciamo per digerire e assimilare gli alimenti e questo incide per il 7-13% circa.
  • L’attività fisica che incide intorno al 10-20%.

Inoltre, il dispendio energetico e il conseguente fabbisogno giornaliero variano molto da persona a persona e dalle condizioni in cui ci troviamo in base a: età, sesso, peso, massa magra (un soggetto muscoloso ha un metabolismo molto più alto e quindi a riposo brucia di più), alimentazione (ad esempio in uno stato di digiuno cronico il metabolismo si abbassa), fase di crescita, gravidanza, livelli ormonali, genetica e, infine, un peso rilevante è dato dalla termoregolazione.

Infatti, noi siamo organismi omeostatici, ossia manteniamo la nostra temperatura interna costante intorno ai 36-37 °C e questo ci richiede un grande dispendio calorico. Si pensi che innalzare di 1° la nostra temperatura corporea, per esempio in stati febbrili, o se l’ambiente esterno è molto freddo, aumenta il metabolismo ben del 13%! Paradossalmente, andando a fare una nuotata al mare, se l’acqua è abbastanza fredda, si consuma di più per mantenere stabile la nostra temperatura in acqua, che per nuotare!

LA QUARANTENA E LO SMART WORKING

Ma quindi cosa fare in quarantena? Mangiamo meno perché non ci muoviamo?

Per quanto riguarda lalimentazione è assolutamente sconsigliato mangiare meno, innanzitutto perché si innescano dei meccanismi di difesa per cui il nostro organismo si metterà in modalità “Risparmio energetico”, andando così a ridurre il proprio metabolismo basale e, quindi, a riposo brucerà di meno; in secondo luogo, perché quando si decide di mangiar meno, spesso si rischia di ridurre le proteine della dieta, che ci aiutano a mantenere la massa magra e a darci senso di sazietà. Un’alimentazione con poche proteine rispetto agli zuccheri ci causerà picchi glicemici e insulinici, causa di una maggiore propensione all’ingrassamento e dei cosiddetti “attacchi di fame”.

Quindi mangiate regolarmente, rispettando pasti e spuntini. Piuttosto, evitate gli eccessi e gli “sgarri settimanali” e cogliete l’occasione per cucinare in famiglia e sperimentare nuove ricette sane ma gustose (potete trovare spunti nel nostro ricettario!).

Per quanto riguarda l’attività fisica, abbiamo visto come non è il fattore determinante il nostro dispendio energetico, tuttavia è importante mantenerla regolarmente. Infatti, il problema principale legato all’attività fisica non è tanto per le calorie in meno bruciate in ciascuna seduta, quanto il fatto che ci aiuta a mantenere la massa magra. Una riduzione del muscolo causerà, a lungo andare, un rallentamento del nostro metabolismo, motivo per cui è consigliato cercare di stabilire una routine giornaliera regolare e praticare un minimo di movimento anche in casa (in proposito si veda l’articolo sui nostri suggerimenti).

Infine, attenzione all’emotional eating! La tentazione di aprire il frigorifero in continuazione sarà forte. Ecco, a maggior ragione, perché non occorre mangiar meno. Il rischio di cadere in tentazione e lasciarsi andare sarà ancora più forte.

Insomma, mangiate sano, regolare e con varietà, evitando gli eccessi; questo ci fornirà anche tutte le sostanze nutritive (macronutrienti, vitamine, minerali, etc..) necessarie per rimanere in salute e fronteggiare al meglio un periodo in cui il nostro sistema immunitario può essere messo a dura prova, a causa del noto virus Covid.

 

Andrea Fossati

Elisabetta Amoruso

 

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ALLENARSI IN QUARANTENA? E’ POSSIBILE, LA TECNICA ALLENANTE FA LA DIFFERENZA

In questo difficile periodo di quarantena siamo stati messi a dura prova per quanto riguarda il fitness e l’allenamento di ogni tipo: palestre, piscine e centri sportivi sono chiusi, non è più possibile correre al parco o negli spazi aperti, ogni sport di squadra che comporti aggregazione è momentaneamente vietato. Com’è possibile quindi allenarsi in casa e mantenersi in forma, non avendo a disposizione i nostri soliti strumenti? Ricordiamo che l’attività sportiva e il movimento sono indispensabili per diversi motivi, che vanno al di là del fine estetico: benessere fisico e mentale, attivazione del metabolismo, perdita o mantenimento del peso, riduzione dello stress, mantenimento della massa magra (muscolare).

In questo primo articolo vorrei lasciarvi un po’ di spunti, su tecniche, strumenti ed esercizi allenanti in casa, nelle condizioni imposte dalla quarantena.

 

TECNICHE ALLENANTI

 

ISOMETRIA: il nostro muscolo è in grado di generare forza e contrarsi senza necessità di movimento (ad esempio se premiamo una mano contro il muro, generiamo forza e dopo un po’ i nostri muscoli cederanno e dovremo interrompere). Questa è l’isometria, ossia contrazione senza movimento.

Esercizio tipo: WALL SIT. Mettetevi con la schiena appoggiata al muro e le gambe a 90°, come se foste seduti su una sedia, sostenendovi con il solo peso delle vostre gambe e rimanete in posizione. Probabilmente molti non raggiungeranno nemmeno il minuto.

 

ALTE RIPETIZIONI: per sopperire alla mancanza di sovraccarico, ripetere un movimento o un esercizio fino allo sfinimento, in modo continuo e controllato, è allenante e stimola il sistema cardiovascolare.

Esercizio tipo: ALZATE LATERALI PER LE SPALLE. Prendete due bottiglie d’acqua, tenendo le braccia lungo i fianchi. Dopo di che sollevatele lateralmente fino ad altezza spalle, per poi tornare lentamente in posizione. Ripetere per almeno 20-30 ripetizioni. Eseguite il movimento in modo continuo e controllato, lento e completo. Normalmente questo esercizio viene eseguito con più carico e meno ripetizioni.

 

PEAK CONTRACTION: quando eseguite l’esercizio, nel momento di massima contrazione, mantenete la posizione per qualche secondo prima di continuare, e ripetete così ad ogni ripetizione. Il medesimo esercizio risulterà molto più pesante.

Esercizio tipo: SQUAT. Eseguite 15 ripetizioni di squat mantenendo la posizione di massima accosciata dai 3 ai 5 secondi per ogni ripetizione e, a seguire, altre 10 rapide per portare a sfinimento. Gluteo e quadricipiti dovrebbero bruciare,… ancor di più se tenete una banda elastica fitness (chiamate loop band o mini band) intorno alle ginocchia.

 

TEMPI DI RECUPERO: tenete bassi tempi di recupero tra un esercizio e l’altro, ad esempio 30-40 secondi, o comunque non superate il minuto, così da attivare metabolismo e sistema cardiovascolare, nonché portare a sfinimento i muscoli più facilmente.

 

ATTIVITA’ AEROBICA SUL POSTO: per eseguire attività aerobica senza macchinari, né spazi adeguati, sarà sufficiente eseguirla sul posto con esercizi metabolici quali: skip sul posto, jumping jack (saltare aprendo e chiudendo le gambe contemporaneamente), saltelli a rana (accosciata e salto verso l’alto), mountain climber (dalla posizione di plank, scalciare), … possono essere eseguiti in sequenza per la durata di un minuto ciascuno oppure con il metodo tabata (30 secondi di esecuzione e 10 di riposo, da ripetersi più volte). Ancora più efficace è alternare un minuto di attività aerobica sul posto con serie più allenanti: abbinerete così attività aerobica e cardiovascolare, con attività anaerobica.

 

CORPO LIBERO: quale sovraccarico migliore del peso del vostro corpo? Basta conoscere le corrette esecuzioni per non farsi male. Alcuni esempi possono essere i piegamenti a terra (flessioni) per i pettorali, oppure il plank per gli addominali, o ancora il pistol squat (squat su una gamba sola), ecc…

 

 

GLI STRUMENTI

 

IN CASA: scoprite quanti strumenti nascosti avete nelle vostre case. Ad esempio, le bottiglie d’acqua (pesi da 1½ kg/ 2kg), casse d’acqua (9 kg), sedie e tavolini (base per una moltitudine di esercizi per braccia e gambe), scalini (per esercizi per gambe e glutei), stracci (supporto per diversi esercizi per addominali, gambe e stretching),

STRUMENTI DA ACQUISTARE: per chi volesse fare un piccolo investimento potrà acquistare dei buoni elastici a diversa resistenza, magari con maniglie, un tappetino ed eventualmente qualche piccolo peso (4-5 kg ad esempio). Ancor meglio, per chi ha a disposizione un albero, un valido strumento allenante è il TRX.

APP: vi sono numerose app per telefono o siti web e video, che vi possono guidare in modalità e tempistiche o con numerosi esercizi diversi.

 

Infine, non dimenticate di darvi delle SCADENZE, ossia orari e giorni ben precisi di allenamento, così da impostarvi una routine, pur essendo a casa. Questo vi permetterà di non rimandare o di non cadere nella pigrizia!

 

Al Centro Emmea organizziamo regolarmente degli incontri mensili in cui proponiamo allenamenti a casa, con un programma da seguire per diversi mesi e abbiamo sempre testato ottimi risultati, come potete leggere in questo articolo: https://www.centroemmea.it/dieta-e-allenamento-a-casa-gloria-perde-9-kg-e-torna-a-vedersi-bene/

 

Per chi fosse interessato, ho preparato un PDF con qualche piccolo spunto su come allenarsi in casa, con esercizi base di media difficoltà. Se interessati a riceverlo potete inviare una mail all’indirizzo blogcentroemmea@gmail.com (invece, per qualcosa di più personalizzato, attraverso un’apposita consulenza via skype con i nostri esperti, potete contattare il numero di segreteria per informazioni).

 

Inoltre, nel prossimo articolo vi parleremo di come mangiare in quarantena. Una piccola anticipazione … con vostro stupore, NON CAMBIATE ASSOLUTAMENTE NULLA! L’80% DEL NOSTRO FABBISOGNO ENERGETICO E’ LEGATO ALLA SOLA TERMOREGOLAZIONE, OSSIA AL MANTENIMENTO DELLA TEMPERATURA CORPOREA. PER SAPERNE DI PIU’ LEGGETE L’ARTICOLO DELLA PROSSIMA SETTIMANA!

Elisabetta Amoruso

 

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IL FERRO E L’ANEMIA SIDEROPENICA

Il ferro svolge un ruolo fondamentale nelle funzioni biologiche, prima tra tutte, il trasporto di ossigeno. Infatti, tutta la nostra vita è legata all’ossigeno: basti pensare che inspiriamo ossigeno più di 3000 volte in un solo giorno! Lo trasportiamo e lo consumiamo grazie ai globuli rossi e all’emoglobina in essi contenuta, la cui parte fondamentale è un piccolo “apparato” chiamato EME, che ha al centro una molecola di Ferro (responsabile del legame con l’ossigeno). Nell’immagine, è rappresentata l’emoglobina, contenuta nei globuli rossi, con i suoi gruppi EME (dischi gialli). Al loro interno, la molecola di ferro (pallino rosso).

FONTI ALIMENTARI E ASSORBIMENTO

Le principali fonti alimentari del ferro sono: la milza e il fegato animale, la carne, il cacao, la bresaola, il radicchio verde, le ostriche, le cozze, i fiocchi d’avena, le mandorle, i legumi secchi, il prezzemolo, la trippa, la carne di cavallo, i fagioli freschi, gli spinaci, l’indivia, l’uovo di gallina, le noci secche, il prosciutto, il parmigiano.

Il ferro alimentare viene assorbito soltanto in una modesta frazione ed è presente in due componenti caratterizzate da differenti biodisponibilità:

  • il ferro emico (derivante dal gruppo EME), presente nella mioglobina ed emoglobina degli alimenti animali, che viene assorbito in elevata percentuale (qui lo troviamo in forma di ione bivalente fe2+);
  • il ferro non emico, legato principalmente a proteine e altre molecole negli alimenti vegetali, nelle uova e nei latticini, che è più difficilmente assorbito. Per quale motivo? Perché è qui presente in forma di ione trivalente fe3+ e l’assorbimento del ferro nell’intestino avviene come ione bivalente (fe2+). Quindi il ferro presente negli alimenti di origine vegetale deve essere prima ridotto nella forma disponibile per il nostro intestino, ossia in ione bivalente (fe2+).

Inoltre, è bene ricordare che gli alimenti ricchi di vitamina C favoriscono l’assorbimento intestinale del ferro non eme, che è invece contrastato dagli alimenti ricchi di fibre vegetali e di fitati, come i cereali integrali e i legumi secchi, e di calcio come latte e formaggi.

DOSI, CARENZE E ANEMIA

L’assunzione giornaliera raccomandata varia molto a seconda delle diverse fasce d’età e del sesso: 11 mg nei lattanti e fino ai sei anni, 13 mg sino ai diciott’anni (per la fase di crescita), ben 18 mg nelle bambine adolescenti e nelle donne adulte (per le perdite mestruali), 10 mg oltre 60 anni e, infine, ben 27 mg durante la gravidanza.

Normalmente, le quantità di ferro perdute giornalmente, vengono ripristinate tramite l’alimentazione, senza intaccare le nostre “scorte” di ferro, presenti nel nostro organismo come ferritina. Tuttavia, se le perdite, per le più svariate cause, superano le quantità introdotte, verrà intaccato il ferro di deposito (ferritina), in un primo momento senza sintomi, ma a lungo andare si può andare in contro a gravi conseguenze.

Una carenza di ferro è causa principalmente della anemia sideropenica, che, attenzione, si tratta di una forma ben specifica di anemia. Erroneamente, spesso si pensa che l’anemia sia legata alla sola assenza di ferro, quando, in realtà, con il termine generico “anemia” si fa riferimento alla carenza di uno ione, che poi varierà di caso in caso. I sintomi principali sono: pallore, astenia, affaticabilità, debolezza, riduzione della facoltà cognitiva (memoria e concentrazione), alterazione di unghie e cute ed emerge chiaramente da apposite analisi del sangue.

Sono a rischio di carenze i soggetti con insufficiente apporto di alimenti contenenti il ferro, oppure con insufficiente assunzione di vitamina C (che ne aiuta l’assorbimento), i soggetti che fanno largo uso di alimenti contenenti fitati o altre sostanze che riducono l’assorbimento del ferro, gli sportivi, gli anziani, le gravide e soggetti con particolari patologie e sindromi da malassorbimento.

Anche assumerne in eccesso non è positivo, poiché si potrebbe causare un accumulo di questo minerale i numerosi organi, soprattutto nel fegato, compromettendone la funzionalità. Badate bene, quindi, alla scelta consapevole di eventuali integratori e a non abusarne.

Andrea Fossati

Elisabetta Amoruso

 

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